“Il corpo è lo schermo finale in cui viene proiettato il malessere inconscio, una spiaggia sulla quale viene scritto un S.O.S. che si vede soltanto dall’alto e da lontano”
Gli aspetti psicologici nell’obesità rivestono un ruolo rilevante nella gestione della PATOLOGIA CRONICA e nell’ADHERENCE TERAPEUTICA e nella MOTIVAZIONE.
L’INTENZIONE in una condizione come l’obesità non basta per un CAMBIAMENTO così profondo. Si parla pertanto di OBESITÀ PSICOGENA facendo riferimento al peculiare atteggiamento psicologico del paziente nei confronti del cibo e del peso. Questo atteggiamento può risultare talmente alterato da configurare veri e propri disturbi del comportamento alimentare.

Diversamente dalla bulimia, l’obesità psicogena si caratterizza per la qualità e l’attrazione del cibo ingerito; esiste una dipendenza dal cibo con modalità differenti dalla bulimia, i pazienti assumono grandi quantità di cibo, non lo vomitano e spesso lo scelgono con cura.
Katia 42 anni, ragioniera, occhi verdi capelli scuri che sfiorano le spalle, mi guarda incerta e dice “Dottoressa ho perso 6 kg in un mese, il controllo dal dietologo è andato bene”… “Sono felice, ma mi chiedo se sono stata brava io o è una casualità, ma ho anche una strana paura di sentirmi improvvisamente debole e che il cibo possa sparire”.
“In che senso sparire? Che significato ha per lei il cibo? Cosa rappresenta?”
“A me il cibo serve a calmarmi ma soprattutto a interrompere il dolore, a riempire il vuoto. Il cibo vince sul dolore… ma fino a quando mi chiedo? So anche che il cibo e la cura che gli do dal guardare infiniti programmi di cucina, alle offerte sui volantini che arrivano a casa, alla spesa stessa, al cucinarlo mi toglie tanto tempo da dedicare agli altri, o forse mi protegge dagli altri, intendo dai rapporti?”
“Quando hai il cibo o meglio una relazione con il cibo nessun’ altro legame è reale. Forse la mia condizione anche se è duro ammetterlo, mi tiene lontano dal dolore dell’abbandono, perché non puoi perdere chi non hai nemmeno trovato”.
“Cosa sta provando?”
“Non lo so, forse sono anni, forse una vita che non so più cosa provo. Esisto ma forse non vivo”

CIBO
Il cibo diviene un “oggetto controllabile”, sempre presente, che non porta con sé l’imprevedibilità, che è parte stessa delle relazioni, diventa un mezzo sicuro, consolazione, appagamento (sadico), antidepressivo, anti-noia. Così acquistiamo Kg e ancora Kg per corazzarci, per non essere visti, proteggerci dalla società, dagli altri.