“CHI SEI?”
“SONO UN TAPPO DI SUGHERO.”
“Uao! Che vita fa un tappo di sughero?”
“Galleggio, galleggio sempre, anche nell’oceano, dove le onde sono alte e fanno davvero paura. Ma io galleggio e guardo tutto solo da una prospettiva. La mia.”
“Quale è la tua prospettiva?”
“Io non provo emozioni come la gentilezza, la delicatezza, l’empatia. Io controllo tutto dall’alto. A me piace calcolare e razionalizzare ogni accadimento della vita.”
“Ah, okkei ora forse inizio a capire. Fai un lavoro come l’ingegnere. Il matematico. Sei logico e razionale.”
“Io controllo e anche quando arriva una tempesta e mi cade addosso un pezzo di legno, io riemergo, perché il sughero galleggia e controllo.”
“Mi sembra una vita un po’ faticosa. Ti sei mai chiesto che forse vedere la vita solo dalla prospettiva del controllo ti fa perdere la magia? Le emozioni sono magiche e ti connettono intimamente a te stesso.”
“Sì, ma anche molto costose e pericolose. Io non perdo tempo, e poi, anche se ci provo ad abitare gli abissi del fondale, non riesco: torno sempre a galleggiare.”
“Qualcuno potrebbe pensare di te che sei un po’ superficiale ? Magari nelle relazioni?”
“Sì, mi è stato detto, ma preferisco rimanere di vedetta, concentrato sui miei obiettivi e non rischiare.”
“Credo di capire quello che dici, ma non esiste solo il fondale dell’oceano, dove abita il dolore. Esiste la luce, esistono orizzonti da scoprire, incontri da fare e tutto questo avviene se ti emozioni. Ma se il filtro è solo quello della mente, ovvero del controllo, ti perdi buona parte della vita. I colori e la libertà.”
“Io mi sento al sicuro così… oramai… credo che sia meglio così, non pormi domande.”

“CHI SEI?”
“SONO UN PESCIOLINO VIOLA.”
“Uaoo! Dove vivi?”
“Nei fondali dell’oceano, a 150 metri di profondità.”
“Caspita, ma c’è luce laggiù?”
“No, è nero pece.”
“Deve fare anche freddo.”
“Freddissimoooooooooo.”
“Mi spiace… e che sospirone. Ti posso aiutare?”
“Non credo, sono abituato a stare qui.”
“Ma come vivi la sotto?”
“Non me lo sono mai chiesto.”
“Ma non ti senti solo?”
“Si, ma nessuno vuole stare con me.”
“Come mai, secondo te? Sei così bello, meriti d’essere ammirato. Le tue squamette hanno un colore viola intenso, incredibile.”
“Perché io sono triste, parlo poco o, meglio, parlo del mio dolore. Chi vuole stare con me qui sotto? Al buio, al freddo, ma dove c’è l’unica cosa che ho sempre avuto nella vita: il dolore.”
“Forse è proprio per questo che rimani così a lungo nel fondale, perché è la tua zona di comfort, è ciò che tu conosci e lo espandi senza nemmeno rendertene conto. Chissà se sei tu che non permetti agli altri di avvicinarti…”
“Non lo so, forse sì, forse no. Gli altri sono minacciosi e cattivi.”
“Non tutti e se alzi lo sguardo c’è la mia mano: te la sto allungando da diverso tempo, ma tu stai guardando solo te stesso e non ti accorgi che sopra di te c’è, anche se in lontananza, la luce.”
“Forse è troppo forte per me.”
“Sicuramente è una vibrazione nuova che non conosci; ci sta che possa fare paura.”
“Sì, ma ti stavo dicendo che sono davvero solo e che il mio dolore è sinceramente straziante, una lacerazione che mi strappa le viscere e l’anima.”
“Capisco…conosci molto bene il fondale dove sei e forse lo espandi senza rendertene conto.”
