Siamo nell’anno 2020, un’epoca moderna criticamente colpita anche dalla pandemia del Coronavirus che ha segnato la vita di tutti noi. Probabilmente per chi è nato negli anni ‘70/’80/’90/2000, e men che meno i Millennials, han mai provato un clima d’incertezza come quello attuale. Lo paragonano ai venti post Seconda Guerra Mondiale; venti d’incertezza e confusione.

Dopo la Guerra c’era un’incertezza diversa da quella che si vive oggi perché davanti a sé le persone avevano un futuro da andarsi a prendere, una vita da riorganizzare e le città da ricostruire . Il virus invece non lascia macerie, non è tangibile, c’è ma è qualcosa di invisibile; non lo vedi ma vive e si diffonde, non si vede ma uccide e anche quando non colpisce noi direttamente, preoccupa e rallenta ogni nostro agire. Inoltre i messaggi che arrivano dai mass-media sono preoccupanti giorno dopo giorno, se non allarmanti, e non si sa con quale fondatezza. Già c’è una minaccia di ritorno della pandemia di Coronavirus in autunno che preoccupa e funge da cassa di risonanza in ciascuno di noi che, in modo soggettivo, fa vibrare intime, profonde e personali paure e incertezza. Le nostre vite, le nostre scelte, il nostro agire, i nostri pensieri ne sono condizionati.

Reggere  l’incertezza non è facile; siamo dentro a un cambiamento che già di per sé destabilizza. Chi è fragile vive queste emozioni come un terremoto interno che si può manifestare con sintomi legati alla sfera ansiosa. L’ansia è già in sé una condizione d’allerta, anche benevola, sana, legata a una reazione fisiologica. Possiamo provare ansia di fronte a un esame diagnostico e clinico, quando ne attendiamo il risultato, quando facciamo l’esame della patente o quando abbiamo un primo appuntamento di lavoro o personale a cui teniamo. L’ansia è quindi una condizione che si può manifestare con sintomi fisici lievi come agitazione, irrequietezza, battito del cuore accelerato, sudorazione o  eccitazione.

La differenza è nel  “volume”, nell’intensità del suono che arrivando a livelli importanti può trasformarsi in attacco di panico con uno stato confusivo di sintomi o, quando più  gestibile, è uno stato che entra a far parte del vivere la vita, della vivacità insita nella bellezza della vita stessa.

Palpitazioni, giramenti di testa, costrizione toracica, tremori e formicolii, paura di morire o di perdere il controllo, senso di soffocamento, incapacità di stare in mezzo alle persone, in spazi aperti; secondo il DSM – V ( Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) in presenza di almeno 4 di questi sintomi si può parlare di attacco di panico.
Quando si manifesta genera confusione, impossibilità di comprendere se stessi e gli altri, si può essere disorientati. Molte persone descrivono questo momento come improvviso, come un fulmine a ciel sereno, che  può arrivare in qualsiasi momento: nel fine settimana, quando si è in un momento di relax, quando si percepisce l’insorgere di un grave pericolo. La sensazioni degli attacchi di panico possono durare diversi minuti in cui si vive un’esperienza stressante, sia fisicamente sia mentalmente, che lascia un senso di grande fragilità con la consapevolezza che possa nuovamente ricapitare.

Il rischio è che si possa  innescare un circolo vizioso guidato dalla paura della paura che possa nuovamente accadere, meglio chiamato come ansia anticipatoria se questa condizione d’allerta permane generando un vero Disturbo di panico.

Quello che è necessario dire è che almeno il 30% della popolazione ha sperimentato nella propria esistenza un attacco di panico isolato con tachicardia, giramenti di testa e senso di mancanza d’aria.

La differenza tra Attacco di panico isolato e Disturbo di panico è quando i sintomi, prima inaspettati, iniziano a collegarsi a situazioni o tempi specifici nell’esistenza della persona condizionandone la qualità di vita.

In questo ultimo caso si possono instaurare condotte specifiche: evitare gli spazi aperti, la folla, i supermercati, l’autostrada gli spazi piccoli, i luoghi chiusi claustrofobici come l’ascensore o l’aereo. Evitare di vivere queste situazioni se all’inizio può migliorare leggermente il nostro stato, a lungo andare porta a una chiusura e a un isolamento che non produce più nessun beneficio.

L’unica soluzione, possibile e duratura, è seguire percorsi personalizzati che permettono di contestualizzare i veri problemi sottostanti che hanno generato un vero e profondo terremoto emotivo che lancia il suo grido di aiuto attraverso gli attacchi di panico.

 Il Covid – 19 può aver funzionato da detonatore e aver portato in superficie fragilità e incertezze personali.

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