Inizio questo scritto, pensando a un libro per me molto bello e significativo, che ha rappresentato un riferimento e ogni persona potrebbe far diventare parte di sè:
LA TUA SECONDA VITA INIZIA QUANDO CAPISCI DI AVERNE UNA SOLA”  di Raphaëlle Giordano (Edizioni Garzanti)

I FASE: MARZO 2020

Sono tante le emozioni e i pensieri che all’aumentare di notizie sul Coronavirus hanno occupato la mente: angoscia di morte, timore per la propria salute e per la salute delle persone care. Grande bisogno di capire e di avere informazioni chiare, connessione con il mondo esterno e ricerca continua, quasi automatica, di avere delle risposte. Si ha la percezione ma non ancora la consapevolezza, di essere dentro a qualche cosa di grande e grave. Non abbiamo ancora ben capito che quella che stiamo vivendo rappresenterà una svolta epocale; il crollo di un tempo di vita. E che sarà come come un lutto che dovremo vivere.

Prevale un senso d’incredulità e un forte smarrimento. E’ necessario starci dentro, riuscire a stare in piedi. 
Io tengo, tengo più che posso e con me i miei pazienti, quelli rimasti, quelli dentro alla relazione terapeutica da tempo.

Come terapeuta ho mostrato le mie debolezze umane (perché certo il terapeuta è prima di tutto un essere umano) e scendendo dal Totem ho condiviso paure e preoccupazioni oggettive, senza farmi invadere dall’eccesso di paura, mostrando che si può resistere e si può rimanere in piedi continuando il processo di cura e di accudimento che un terapeuta dà ai suoi pazienti (come una madre con i suoi cuccioli).
Affrontiamo il tema della morte non solo con la conta dei numeri che ogni giorno social e telegiornali ufficiali ci propinano ma si parla di morti reali, di parenti e amici, e ti chiedi: “Quando e se capiterà anche a me?”
Una società come la nostra, che vive con la rimozione della morte e insegue la vita eterna (molti libri sono stati scritti  sullo stile di vita, sull’alimentazione, sull’integrazione per arrivare centenari…), ha dovuto dare ampio spazio alla morte a partire proprio dall’immagine scioccante, impressionante, di Bergamo, quando numerose bare venivano portate via dai militari per la mancanza di spazi dove lasciarle, non c’erano posti disponibili nelle camere mortuarie e così nei crematori; troppo numerose.
“Allora si muore davvero?” Sì, si muore!

In questa nebbia senza una luce, la comunicazione online, con tutte le sue possibilità, diventa fondamentale, un pilastro.

Io, che ho sempre vissuto a distanza e diffidenza da questo mondo digitale, ho dovuto fare una forte accelerata con non poche difficoltà, che ho tutt’ora, ma che sto cercando di trasformare in una opportunità lavorativa di crescita professionale.




II FASE: META’ APRILE-MAGGIO 2020
INSIGHT, DENTRO LA NEBBIA.

Mi rendo conto che non è breve per nulla questa nuova fase, durerà a lungo, e che quello che poteva sembrare provvisorio diventerà stabile: la comunicazione online.
All’inizio sembrava per un tempo determinato, ora sembra per un tempo indeterminato.

I sentimenti cambiano: dall’affanno, al dolore,  alla fatica del primo periodo si passa alla nostalgia del prima, nostalgia dello studio, della relazione vis a vis, del contatto empatico che coinvolge tutta la sensorialità. Prevalgono la vista e l’udito nelle video chiamate, i silenzi sono meno sostenibili e la mia voce si sente di più.  Faccio più domande, mi attivo maggiormente.

Quello che non c’è stato, è il tempo dell’adattamento, della digestione. Tutto si è trasformato in modo brusco, repentino, con una forte accelerata al mondo virtuale. Per lo meno mi è stato chiara una linea dominante da seguire e proporre: per continuare a lavorare insieme, l’unica modalità è quella online!

La distanza ha dovuto essere digerita alla svelta. Come terapeuta ho sentito un grande affaticamento visivo e di concentrazione, quasi un lavoro più mentale, e la polisensorialità che a noi terapeuti viene molto in aiuto durante le sedute, ha perso la sua “potenza” interpretativa.

Nonostante tutto,  il lavoro online (a distanza quindi) offre la possibilità di esserci in un momento in cui ogni certezza viene meno. Da qui scaturisce la domanda: Come hanno vissuto i pazienti questo “trattamento”, rispetto al lavoro in presenza dentro la stanza analitica?





III FASE MAGGIO 2020…..?

Fino a quando, non lo sappiamo ma quello che percepiamo è l’incertezza. Siamo dentro a un tempo d’instabilità che vivremo tra le alte e le basse maree. Come potremo incorporare la certezza con l’incertezza?

In questa fase di traning il terapeuta e il paziente imparano insieme, con un vissuto reciproco di smarrimento. Rimane come unico punto fermo, ancora, la comunicazione online.

Difficile ripristinare il setting, quello spazio dell’intimità che favorisce la regressione. Lo studio, luogo privilegiato della relazione terapeuta-paziente, appare ancora lontano e anch’esso meta di modifiche: niente mobili e arredi in tessuto (arrivederci mie amate sedie dai temi floreali e quel comodo divanetto della sala d’attesa dove molti pazienti si sono accomodati in un clima quasi “domestico”, familiare). Ci saranno sedie in plastica, tutto dovrà essere sanificato tra un paziente e l’altro. Stiamo cambiando “casa” io e i miei pazienti, insieme affronteremo questa nuova fase di smarrimento e ci ritroveremo mascherati, buona parte del volto coperto (chissà cosa ne direbbe Freud della famosa fase orale?).

Cosa ci salverà? La relazione. E la parola. Parlare del disagio, dei due metri di distanza, del non darsi più la mano al momento del commiato. Rinuncia delle vecchie abitudini, per poterci nuovamente ritrovare insieme in presenza almeno finché la bassa marea ce lo permetterà. Ma, questa volta, saremo pronti all’alta marea e sapremo già che l’online è uno strumento consolidato e con esso la relazione terapeuta-paziente.

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